Diamo il benvenuto a Emanuele Scataglini. Artista eclettico ha abituato il suo pubblico a performance e progetti di diverso genere, esplorando mondi fuori e dentro di sé.
– Oggi parliamo di “THE CAROUSEL”, una nuova avventura “sperimentale” dedicata all’idea del viaggio, che si divide in capitoli a partire dal I CAPITOLO dedicato alle Americhe, con tre brani: “GYPSY TANGO”, “ON THE RIVER” e “SUNSET IN SUD AMERICA”. Come nasce questa nuova realtà musicale?
Io credo che il tema del viaggio sia alla base della mia poetica. Mi ha sempre interessato conoscere nuove realtà, visitare luoghi insoliti, fare delle esperienze impreviste. Sono sempre stato un viaggiatore incuriosito anche dalle altre culture; sicuramente non sono un esploratore, ma sono qualcosa di più di un semplice turista. Quando viaggio, infatti, amo conoscere il paese dove mi reco, le sue abitudini, la sua letteratura, la sua musica, se non tutta almeno in parte.
Spesso prima del viaggio mi preparo proprio ascoltando la musica dei luoghi che visiterò. Oggi ci sono tantissimi album che riproducono la musica dei musicisti tradizionali e anche di quei musicisti della World Music che hanno utilizzato il loro linguaggio e lo hanno inserito in un contesto di musica occidentale più adatta al mercato. Per me musica e viaggio sono spesso sinonimi. Oggi l’esperienza del viaggio è diventata molto più facile: si possono utilizzare aerei, treni, mezzi di trasporto alla portata di tutti ed è anche vero che i luoghi inesplorati o difficili da raggiungere sono ormai pochissimi. Quello che differenzia un turista da un viaggiatore oggi è proprio il desiderio di apprendere la cultura del paese in cui si sta andando e non solo di vederne monumenti o paesaggi.
Con il progetto “THE CAROUSEL” ho voluto inserire nella musica questa mia esperienza di viaggiatore e di esploratore culturale. Il progetto è nato spontaneamente ed il fatto che spesso io mi ritrovi a scrivere musica, partendo proprio da stili e forme culturali differenti, mi ha facilitato. Recentemente un mio amico che non vedevo da tempo, mi ha chiesto quale fosse il mio stile musicale, io ho trovato molta difficoltà nel definirlo, proprio per il fatto che sono abituato a cambiare forma di espressione a seconda di ciò che mi ispira in un preciso periodo. Questo disco trova quindi il suo elemento principale sia nella mia ecletticità come musicista e compositore, sia nella mia passione per la conoscenza di contesti culturali differenti.
L’esperienza del viaggio è una delle esperienze migliori per me, ho fatto viaggi di diverso tipo: avventurosi in tenda, in campeggio, su comodi aerei… ho esplorato città, contesti urbani, contesti rurali. Ho cercato di muovermi sempre e di conoscere sempre nuove culture. Alla fine, posso dire di essere arrivato alla conclusione che la vita stessa è un viaggio e che questa avventura non è fatta solo di spostamenti fisici, di km affrontati, ma anche di percorsi mentali, conoscenze di persone, libri, esperienze vicine, ma che ampliano la nostra mente e ci trasformano.
Oggi, poi, noi siamo avvantaggiati dalla tecnologia che non ci deve spaventare e che anzi ci può aiutare ad allargare i nostri confini mentali e culturali.
Inoltre é necessario confrontarsi con la realtà materiale del viaggio, che deve essere anche sudore, fatica, sabbia, vento, non solo comodità e riposo, proprio come la cultura. In tutto ciò, non posso dire di essere un esploratore estremo, ho dei miei limiti, ma posso apprezzare l’esperienza di conoscere e di percepire cose assolutamente nuove. Il viaggio, poi, per come l’ho inteso in questo mio lavoro non è solo muoversi da un posto ad un altro: la vita stessa è un viaggio. Si può viaggiare leggendo un libro, si può viaggiare ricordando il passato o immaginando il futuro, si può viaggiare con i libri o con la musica, a teatro o guardando un opera pittorica.
– …E “THE CAROUSEL” come si collega ai suoi precedenti lavori?
Anche nei miei dischi precedenti ho sempre cercato di cambiare stile all’interno del progetto stesso. Prendiamo il disco “SURREAL WORLD”, uno dei miei lavori che ritengo più riusciti. In quell’album prendo spunto dalla pittura dei surrealisti per esprimere paesaggi sonori differenti; anche nel mio recente “PABLO” ho utilizzato lo stesso metodo; l’album che invece trovo musicalmente più coerente è il mio disco “BELLE ÉPOQUE”, fatto principalmente da un gruppo di canzoni con testo e uno stile che ricorda la musica del cabaret o dei luoghi di divertimento di inizio Novecento. Con “THE CAROUSEL” porto un po’ alle estreme conseguenze la mia passione per la varietà musicale e quindi cerco di fondere suoni e contesti sonori nuovi, differenti.
– Affrontiamo ogni singolo brano, come possiamo descriverli?
“GYPSY TANGO” è una canzone che è un vero e proprio metissage, perché unisce i ritmi del tango argentino con alcune forme stilistiche della musica gitana. Il testo, invece, racconta la storia di emigrati e tratta l’importanza dell’emigrazione per l’accrescimento di qualsiasi cultura. Una cultura che si chiude su se stessa, senza accettare l’altro, infatti, è destinata ad impoverirsi progressivamente.
Si deve anche tener conto che chi viaggia, chi emigra, non solo soffre perché spesso il viaggio è molto difficile, ma perché sente la nostalgia del posto da cui è partito; credere che una persona migrante faccia questa scelta a cuor leggero è secondo me un grave errore, frutto della manipolazione dei mezzi di comunicazione e della politica con la finalità di controllare le persone. Il tango poi, così come la musica gitana, è una musica popolare nata in un contesto di emarginazione. Oggi ci sono scuole di tango ovunque, anche a Milano, ma una volta il tango era una danza legata ad un mondo misterioso, proibito, praticato nei quartieri considerati malfamati, da non frequentare e ballato o da uomini soli, o con donne considerate “non troppo per bene”. Oggi il tango è stato recuperato ed inserito anche in un percorso di musica colta. Diversamente la cultura gitana, che nell’Ottocento era frutto di grande ispirazione per i poeti e per gli artisti, si pensi ad esempio alla Carmen di Bizet, oggi, nell’epoca della rinascita dei nazionalismi, viene emarginata. Si tratta perciò di una cultura che ha subito il processo inverso del tango e mi è sembrato interessante unire queste due prospettive.
Chiunque si approcci alla chitarra elettrica o acustica passa necessariamente attraverso il blues: una musica di grande fascino che è sia antica che moderna. “ON THE RIVER” è il mio primo omaggio a questo stile musicale. Naturalmente vi è una rivisitazione in chiave personale di questo genere, non riuscirei mai a fare quello che fa BB King o un altro artista dello stesso calibro, ma io ho cercato di raccontare questo tipo di musica attraverso uno shuffle che ricordasse uno dei mondi sonori statunitensi più affascinanti e più significativi.
L’armonia non segue la classica progressione Blues, ma ha al suo interno diverse variazioni.
Per il brano ho cercato un dialogo tra il tema della chitarra e la tastiera, infatti, preferisco sempre inserire un dialogo tra strumenti diversi.
Riguardo a “SUNSET IN SUD AMERICA”. Questo brano, invece, è un classico di musica sudamericana per chitarra classica e accompagnamento di percussioni. Ho trovato un tema molto dolce. La canzone non è propriamente una bossanova, ma è comunque un omaggio al mondo musicale del Brasile, che è una delle culture tra le più ricche che abbiamo e che è dedicata al mondo della chitarra; basti pensare solo al grande Jobim o all’immenso Villa Lobos.
– Nella sua sperimentazione, e in questa sua idea del viaggio cosa l’ha ispirata?
L’immagine da cui parte tutto il disco è quella della giostra. La giostra, prima dell’avvento della tecnologia, era per i bambini uno degli strumenti ricreativi più importanti. Anche oggi salire sulla giostra, per i più piccoli è una bellissima esperienza. Ma la giostra nel mio immaginario è un simbolo di tante cose: è l’infanzia, lo stupore di fronte alla magia, rappresenta la vita nomade: mi immagino la vita dei giostrai di una volta fatta di polvere, sveglie all’alba, viaggi in città e paesi di mare. I bambini felici che al mattino si precipitano a vedere le luci delle carrozze colorate e dei cavalli luminosi. Forse sono legato all’idea romantica di spettacolo di strada, un po’ alla Fellini per intenderci.
Quando si sale sulla giostra da adulti si torna indietro nel tempo, si ricorda l’infanzia, si lavora di immaginazione, si viaggia con la mente. D’altronde anche il movimento circolare della giostra può rappresentare molto bene l’esperienza interiore dell’uomo. Kierkegaard teorizzava che esistere è ripetere, ogni esperienza presente fa sempre conto dell’esperienza passata, in un continuo progredire che però è sempre anche rivivere qualcosa già accaduto.
Si progredisce solo se utilizziamo in senso circolare la nostra esperienza e poniamo il passato al servizio del futuro. La nostra vita non è propriamente una linea retta, è molto di più: una forma elicoidale, come il DNA. La musica stessa ha questa forma, l’ottava, ad esempio, è il ritorno dello stesso suono, ma proiettato in avanti. Anche quando viaggiamo procediamo in senso circolare: partiamo da un luogo e poi ci ritorniamo alla fine del viaggio. Anche chi emigra va in cerca di una nuova casa. Noi non proseguiamo mai per moto retto, forse anche l’universo è curvo. La giostra è metafora del viaggio ed è per questo che è l’immagine riassuntiva del disco.
– Ci parli del suo amore per i viaggi. Quali sono le sue mete preferite?
Mio padre odiava viaggiare, per lui il polo nord del mondo era Milano e il sud Tarquinia, il paese dove era nato. Io sono sempre stato diverso, ho preso dai miei nonni materni; loro, appena hanno avuto disponibilità economica, si sono messi in viaggio per visitare anche posti lontani come la Cina, la Russia e gli Stati Uniti. Ed io appena ho potuto, all’età di 18 anni, mi sono subito messo in viaggio, ho guadagnato qualche soldo con le ripetizioni e sono partito per Parigi e poi non mi sono più fermato.
Mi piace organizzare i percorsi in autonomia, scoprire le cose da solo. Certo non sempre è possibile, ma ci provo…
In viaggio la mia mente si libera dai problemi quotidiani e apprezza anche le differenze e la diversità.
– E quali viaggi ha fatto che l’hanno particolarmente emozionata?
Il continente con cui sento più affinità è l’Africa. Ho una connessione speciale con quei luoghi e ho fatto anche viaggi molto spartani.
… E quali sogna, o vorrebbe fare in futuro? E perché?
Vorrei visitare luoghi nuovi, non penso di avere una destinazione ideale, quello che è vero, purtroppo, è l’omologazione dei luoghi ai modelli occidentali e capitalistici. Già Calvino notava che le città tendono tutte ad assomigliarsi, come se venissero ricoperte da una coltre di sabbia. Penso avesse ragione, spero che nei miei prossimi viaggi io possa stupirmi sempre di culture e società strutturate differentemente dalla mia.
– Quali saranno le prossime tappe di “THE CAROUSEL”? Può darci qualche anticipazione sulle prossime release…?
Il prossimo episodio sarà dedicato al viaggio come nostalgia. Ci saranno tre brani: la canzone “THE CAROUSEL”, un pezzo per chitarra malinconico e uno sognante dedicato all’infanzia.